Il cibo come rifugio emotivo

In una giornata uggiosa e fredda, nel mio ambulatorio entra una donna dall’aspetto elegante e raffinato. Il suo sorriso luminoso e la sua personalità vibrante catturano immediatamente l’attenzione, ma dietro quell’aura di sicurezza si percepisce un’ombra, una sorta di peso che porta dentro di sé. La chiamerò Sofia (nome di fantasia).

Sofia ha cinquant’anni, è un’imprenditrice di successo e nel tempo libero ama dipingere e ascoltare musica. L’arte e la creatività sono sempre stati i suoi rifugi, modi per esprimere sentimenti che non riusciva a comunicare a parole. Tuttavia, dietro la sua immagine forte e indipendente, si nasconde una fragilità che fatica a gestire, un vuoto che spesso cerca di colmare nel modo più istintivo e immediato: attraverso il cibo.

Il legame tra emozioni e alimentazione

Dopo alcune settimane di incontri, sentendosi ormai a suo agio, Sofia inizia a raccontarmi la sua storia. Con un sospiro profondo, mi confida che il cibo è sempre stato per lei più di un semplice nutrimento. Fin da bambina, la nonna era solita prepararle piatti deliziosi ogni volta che si sentiva triste o quando le cose non andavano come sperava. Un brutto voto a scuola, una lite con un’amica, una giornata storta: tutto veniva alleviato dal profumo avvolgente della pasta al forno appena sfornata o dal dolce aroma dei biscotti caldi.

Questo legame profondo con il cibo si è radicato nel tempo, diventando una costante nella sua vita adulta. Anche oggi, quando è in ufficio e si concede una pausa caffè al bar, si ritrova spesso ad acquistare sacchetti di cioccolatini senza pensarci troppo. Li mangia quasi meccanicamente, mentre il lavoro e lo stress si accumulano. Poi, a fine giornata, si accorge che il pacchetto è quasi finito. In quel momento, la soddisfazione iniziale lascia spazio a un senso di colpa e frustrazione: “Perché ho ceduto ancora una volta?”, si chiede.

Ma nonostante la consapevolezza di questo circolo vizioso, non riesce a interromperlo. Il cibo per lei non è solo un bisogno fisiologico, ma una risposta automatica alle sue emozioni. I dolci, in particolare, rappresentano una sorta di rifugio sicuro, un conforto immediato contro stress, solitudine o insoddisfazione.

La consapevolezza del problema

Un giorno, durante una delle nostre sedute, Sofia decide di affrontare il problema in modo più esplicito. Mi guarda con un misto di determinazione e paura e mi chiede:
“Perché ho sempre fame? Perché non riesco a controllarmi?”

Le rispondo con una domanda:
“Ti sei mai chiesta, Sofia, se la sensazione che avverti è davvero fame oppure è il bisogno di riempire un vuoto?”

Rimane in silenzio per qualche istante. I suoi occhi si riempiono di stupore, come se un velo le fosse stato tolto di fronte agli occhi. “No, non mi sono mai fatta questa domanda”, ammette. “Ma ora che me lo dici, mi rendo conto che il desiderio di mangiare arriva sempre nei momenti di maggiore stress o quando mi sento giù.”

A partire da quella rivelazione, le nostre conversazioni prendono una nuova direzione. Iniziamo a esplorare insieme le sue emozioni, le situazioni che scatenano il bisogno compulsivo di cibo e il significato profondo che quel gesto ha per lei.

Il percorso di trasformazione | ROSY DI DATO

Il percorso di trasformazione

Con il passare delle settimane, Sofia si rende conto che il suo rapporto con il cibo è il riflesso di un bisogno più profondo: quello di conforto, di sicurezza, di amore. Decidiamo quindi di intraprendere un percorso di ipnosi clinica e di educazione alimentare, un approccio che la aiuti non solo a modificare le sue abitudini, ma soprattutto a comprendere le vere cause della sua fame emotiva

Attraverso l’ipnosi clinica, Sofia inizia a rielaborare i ricordi legati al cibo e alle emozioni, imparando a distinguere tra fame fisica e fame emotiva. Scopre che può affrontare i momenti di tristezza o di stress in modi diversi, senza ricorrere automaticamente al cibo come rifugio.

Parallelamente, l’educazione alimentare le permette di riscoprire il piacere di nutrirsi con consapevolezza. Impara a scegliere alimenti che la facciano sentire bene senza appesantirla, a riconoscere i segnali del suo corpo e a concedersi qualche dolce senza sensi di colpa, ma con equilibrio.

Dopo circa tre mesi, Sofia si guarda allo specchio con occhi diversi. Ha perso quel senso di frustrazione e colpa che prima la perseguitava ogni volta che mangiava qualcosa di troppo. Ora, ogni pasto è un atto di amore verso sé stessa, un momento di cura e consapevolezza.

Un nuovo inizio

Oggi Sofia vive il suo rapporto con il cibo con serenità. Ha imparato ad ascoltare il proprio corpo e, soprattutto, le proprie emozioni. Non si tratta di rinunciare al piacere del cibo, ma di viverlo in modo sano, senza dipendenze emotive.

Il suo percorso non è stato semplice, ma le ha permesso di riscoprire una nuova versione di sé stessa: più consapevole, più forte e finalmente libera dalla fame emotiva.

Condividi
Vuoi maggiori informazioni? Contattami
Abilita JavaScript nel browser per completare questo modulo.
Nome

Tutti i campi contrassegnati da * sono obbligatori.
Questo sito è protetto da Google reCAPTCHA e si applicano la Privacy Policy e i Termini del Servizio di Google.

Termini e Condizioni